Ad un certo punto, verso il minuto 20, il gruppo di attori principali è riunito attorno ad un tavolo per una scena di interni e il protagonista, con in mano un orologio a pendolo, ripete due volte:
«Moi, je suis le temps qui passe»
e infatti con il dito segue il movimento della lancetta. Traduzione nei sottotitoli, entrambe le volte: «Io sono il tempo che passa».
Giusto? Solo formalmente. Per uno di quei tanti casi in cui il significato dipende dal contesto, la traduzione è sbagliata. Il problema è che in francese «suis» significa sia «sono» che «seguo».
Qui il traduttore avrebbe dovuto tradurre, in base al contesto, «Io seguo il tempo che passa», e non «Io sono...»: un'affermazione, quest'ultima, forse seducente dal punto di vista filosofico, ma insensata in un film comico.
(Segnalato da Manuela Dal Castello)
La famosa opera, scolpita in joint venture da Fidia e Dalì:
«Socrate che medita sul tempo che passa e si identifica in esso».
I critici sono unanimi nel riconoscere,
nell'orologio, la mano di Fidia.
I critici sono unanimi nel riconoscere,
nell'orologio, la mano di Fidia.
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